Riportiamo con grande piacere un resoconto dell’intensa esperienza vissuta dal nostro amico e collega, ingegner Santino Gentile, che lo ha portato a partecipare e a concludere il suo primo Passatore (100 km da Firenze a Faenza).
Firenze, Sabato 27 Maggio ore 15.20 sotto un sole cocente a cui sono poco avvezzo mi trovo in mezzo ad una folla di persone in calzoncini e maglietta. Cosa ci faccio qui? E pensare che meno di cinque anni ero seduto comodamente sul divano di casa, fumavo più di un pacchetto di sigarette al giorno e lo sport lo vedevo solo in TV.
Ed ora eccomi pronto a correre ( si far per dire) per 100 km scollinando gli Appennini e arrivando a Faenza meravigliosa città di arte e di ceramiche. Ovviamente non avevo nessuna idea di come sarebbe andata, come tutti i viaggi, e in particolare è vero in un viaggio dentro se stessi (questo è il Passatore) non è importante la meta ma il cammino. Belle parole, si certo, ma comunque non potendo smettere di pensarci, cercavo di ripassare mentalmente i miei punti di forza/deboli:
- Una buona base aerobica sicuramente dovuta alla pratica del ciclismo.
- I chilometri percorsi, troppo pochi purtroppo, anche se dopo aver letto il libro di Horowitz “Smart Marathon Training” mi ero un pochino riconsolato.
- Un raffreddore fortissimo, che mi perseguita ancora oggi.
La tattica, semplice ed efficace: tenere i battiti bassi a tutti costi camminando quando “non strettamente necessario” e sperare che il mio apparato muscolo scheletrico avrebbe retto l’enorme impatto delle sollecitazioni di una 100 km (saranno alla fine più di 110.000 passi).
Immerso nei miei pensieri sento a malapena lo sparo: Pronti, Via, Partiti!
Dopo gli inevitabili minuti di sfilata iniziali, cominciamo finalmente a correre, un caldo infernale, passo lento, controllo il cardio, ma cosa succede? I battiti sono troppo alti, almeno 10 in più del previsto, il caldo si faceva subito sentire, cosa facciamo? Niente non cambia niente, aggiusta un po’ il limite, vorrà dire che camminerai un po’ di più.
Dopo 4 km Inizia la salita che porta alla vetta delle Croci passando per Fiesole, le pendenze si fanno subito interessanti, si inizia a camminare, mi accorgo che non ho bisogno di conoscere il percorso a memoria, ci pensa il cuore, è lui la mia guida e senza quasi accorgermene arriviamo in cima. Pieno di energie affronto la discesa con un buon ritmo, leggero quanto basta arrivo a Borgo San Lorenzo. Da qui si comincia a fare sul serio. Stessa tattica ripeto come un mantra “pensa di essere un Tarahumara, vai al minimo”, così riflettevo che anche l’intero pianeta avrebbe tratto giovamento da questa filosofia, purtroppo sappiamo tutti che non è andata così.
Passato il muro dei 35 km che più di un muro mi era sembrato uno scalino, arrivo ai 42 km ancora 6,5km di salita. Avanti piano, mi ripeto. I km scorrono molto lentamente, alterno tratti di cammino a corsa fino ai -2km, poi mi rilasso e continuo a correre anche quando il cardio si alza; più mi avvicino al passo più sono numerosi i miei compagni che camminano, io continuo a correre, arrivo al passo che è appena calata la sera. Siamo pronti alla seconda parte del viaggio, Faenza è ancora lontana, però.
Lunga sosta, mi cambio completamente senza curarmi del tempo che passa (alla fine sarà circa mezz’ora). Finalmente riprendo a correre, una sensazione strana, si vado più piano ma non sento nessun affanno, sento che potrei arrivare fino a Faenza, la discesa mi avevano detto che era pericolosa, non la sento quasi, poi improvvisamente realizzo: stavo usando per la prima volta un carburante diverso praticamente inesauribile, i battiti si erano stabilizzati a 130, allora ho capito che ce la potevo fare. Un momento! Mantieni la concentrazione, la tattica non cambia, metodo Galloway: 10 ristori, 10 ripetute, circa 4,5 km di corsa, 0,5 di cammino, è così chilometro dopo chilometro arrivo allo “stradone”, un tratto rettilineo che conduce a Piazza del Popolo.
Ce l’ho fatta! 12 ore e 34 minuti, tempo discreto nonostante tutto.
Mentre scrivo mi viene in mente anche la risposta alla domanda iniziale: Perché ho fatto il passatore? Ho provato una enorme emozione quando ho sognato di farlo, la stessa che mi ha accompagnato mentre correvo, e ancora quella con la stessa intensità che provo adesso che sto raccontando la mia avventura. Non esiste differenza tra il prima, il durante e Il dopo. Domani è un altro giorno che io inizierò correndo!
Santino Gentile, pettorale 2209, pubblicato il 07-06-2017